11 Mar Where the “Beauty in art” started
by Serena Nardoni
ENG
Breezy is curating an exhibition that will be held in Rome, at the Ex Cartiera on the prestigious Via Appia Antica, on April 22nd – 30th, to investigate the complex relationship between human beings and technology through the eyes of our time. To introduce the event and all the artists who will take part in it, we would share with you the process of research and study behind the creation of a curatorial concept titled: I(m)perfection: the laws of technology that dominate order and chaos. We will do this with short essays that will look at technology in its relationship with the concept of beauty, in its evolution through the centuries. We will talk about art and philosophy, order and chaos, mathematical weighting and improvisation. The question with which we want to introduce you to the reading is: Where does the purest and most authentic concept of beauty reside? In the proportion and balance of forms or, rather, in the undisciplined chaos?
ITA
Breezy sta curando una mostra che si terrà a Roma, presso l’ex Cartiera sulla prestigiosa Via Appia Antica, il 22 – 30 aprile, per indagare il complesso rapporto tra essere umano e tecnologia con gli occhi del nostro tempo. Per accompagnare l’evento ed introdurre tutti gli artisti che vi prenderanno parte, abbiamo pensato di condividere con voi il processo di ricerca e studio che c’è dietro l’ideazione di un concept curatoriale dal titolo: I(m)perfection:le leggi della tecnica che dominano l’ordine e il caos. Lo faremo con dei brevi saggi che guarderanno alla tecnologia nel suo rapporto con il concetto di bellezza, nella sua evoluzione attraverso i secoli. Parleremo di arte e filosofia, di ordine e caos, di ponderazione matematica ed improvvisazione. L’interrogativo con cui vogliamo introdurvi alla lettura è: Dove risiede il concetto più puro e autentico di bellezza? Nella proporzione ed equilibrio delle forme o, piuttosto, nel caos indisciplinato?
Where the “Beauty in art” started
ENG
The term technology literally means “study of technique”. It derives from the Greek τεχνολογία (texnology), which is composed of τέχνη (téjne) , meaning “technique, art, craft” and λόγος (lógos ), “study, treatise”. Technology and art are, therefore, born to be synonymous.
There is a triangulation between technology, which is synonymous with art, and the human being, who is the inventor and user of technology as a means to investigate the physical reality, the surrounding space. At the same time, the human being knows the external world through sensitive experience and, through the comparison with what is other than himself, acquires greater awareness of his own identity and his own body.
This is what the Greek artists of the Classical age were firmly convinced of. Starting from the sixth century B.C., they gave their sculptures the courage to conquer their own space, breaking the rigid static nature of the kouroi of the archaic age. This process of transformation is introduced by the Ephebus of Krytios (dated about 480 B.C.), which carries within itself the germ of the disruptive force of the production of Myron and Polyclitus: the head of the young man poses a slight rotation of the head and, although in a standing position, presents the left leg back with consequent rotation and lifting of the pelvis. We introduce, therefore, the concept of movement, balance and weighting of which Myron is among the first important experimenters. Cicero said that, although his sculptures had not fully reached the truth, they could not but be considered beautiful (according to a canon of beauty to be understood as a perfect imitation of nature, which only in the fully classical age can be said to have been achieved). Myron directs his research towards movement: in his Discobolus (460-450 B.C.) the artist chooses to capture the moment immediately before the launch, suggesting to the observer the natural continuation of the action and its dialogue with the surrounding space.
Dove il “Bello nell’arte” ebbe inizio
ITA
Il termine tecnologia significa letteralmente “studio della tecnica”. Deriva dal greco τεχνολογία (texnology), che è composto da τέχνη (téjne) , che significa “tecnica, arte, artigianato” e λόγος (lógos ), “studio, trattato”. Tecnologia e arte sono, quindi, nati per essere sinonimi.
Si realizza, quindi, una triangolazione tra tecnologia, che è sinonimo di arte, ed essere umano, che è inventore e utilizzatore della tecnologia intesa come mezzo per indagare la realtà fisica, lo spazio circostante. Al tempo stesso, l’essere umano conosce con l’esperienza sensibile il mondo esterno e, attraverso il confronto con ciò che è altro da sé, acquisisce maggiore consapevolezza della propria identità e del proprio corpo.
Di questo sono fermamente convinti gli artisti greci dell’età Classica che, a partire dal VI secolo a.C., infondono alle proprie sculture il coraggio di conquistare un loro spazio, rompendo la rigida staticità dei kouroi di età arcaica. Questo processo di trasformazione è introdotto dall’Efebo di Krìtios (datato 480 a.C. circa), che in sé porta il germe della forza dirompente della produzione di Mirone e Policleto: il capo del giovane atteggia una leggera rotazione del capo e, pur essendo in posizione stante, presenta la gamba sinistra arretrata con conseguente rotazione e sollevamento del bacino. Si introducono, quindi, il concetto di movimento, equilibrio e ponderazione dei quali Mirone è tra i primi importanti sperimentatori. Di lui Cicerone diceva che, pur non avendo le sue sculture raggiunto pienamente la verità, non potevano non dirsi belle (secondo un canone di bellezza da intendersi quale perfetta imitazione della natura, che solo in età pienamente classica può dirsi raggiunto). Mirone indirizza la sua ricerca verso il movimento: del suo Discobolo (460-450 a.C.) l’artista sceglie di catturare proprio il momento immediatamente precedente il lancio, suggerendo a chi osserva la naturale prosecuzione dell’azione e il suo dialogo con lo spazio circostante.
ENG
Space is, in fact, the true dimension and measure of our being and living in the world. Even time as such is nothing but a different elaboration of space, which expresses the distance between different events that can directly or indirectly involve the individual.
With Polyclitus of Argos the perfect synthesis between movement and stasis, between pondering and proportion is reached, paving the way for the experience of classical art. In his Doriphoros (ca. 450 B.C.), the artist put into practice the studies collected in his Canon, a treatise in which he reasoned on the concepts of proportionality and symmetry of the human body. Pliny the Elder writes of him that he is the only artist to have theorized art with one of his works. Theories that history delivers in the hands of future generations, which over the centuries will return several times to relate to these ideal models of perfection, until you say that the imitation of the Greek model is the only way to achieve the same ideal of beauty pursued by the classics.
A beauty of which the Greeks experience both naturally, caring for mind and body, and through study and intellectual abstraction for the creation of a model that transcends physical reality and is the manifestation of a “spiritual nature, conceived only intellectually.”
ITA
Lo spazio è, infatti, vera dimensione e metro di misura del nostro essere e abitare il mondo. Perfino il tempo in quanto tale non è altro che una diversa elaborazione dello spazio, che esprime la distanza tra diversi avvenimenti che possono coinvolgere direttamente o indirettamente l’individuo.
Con Policleto di Argo si raggiunge la sintesi perfetta tra movimento e stasi, tra ponderazione e proporzione, aprendo la strada all’esperienza dell’arte classica. Nel suo Doriforo (ca. 450 a.C.) l’artista mette in atto gli studi raccolti nel suo Canone, trattato in cui ragiona sui concetti di proporzionalità e simmetria del corpo umano. Plinio il Vecchio scrive di lui che è l’unico artista ad aver teorizzato l’arte con una sua opera. Teorie che la storia consegna nelle mani delle generazioni future, le quali nei secoli torneranno più volte a relazionarsi con questi modelli ideali di perfezione, fino ad affermare che l’imitazione del modello greco sia l’unico mezzo per ottenere lo stesso ideale di bellezza perseguito dai classici.
Una bellezza di cui i Greci fanno sia esperienza naturalmente, curando mente e corpo, che con lo studio e l’astrazione intellettuale per la creazione di un modello che trascende dalla realtà fisica ed è la manifestazione di una “natura spirituale, concepita solo intellettualmente”.
ENG
Every single element of the human body is traced back to a universal model of Beauty: from the features of the forehead and nose (often protagonists in Johann Joachim Winckelmann’s reflections on ideal beauty) to the folds of the body, which “a slight curve gives rise to the guise of a wave”. The concept of “noble simplicity and quiet grandeur” of the Greek classic, coined by Winckelmann, the German librarian, art historian and archaeologist, echoes in the mind like the verse of a poem. The model is that of the sculptural group of the Laocoon (marble copy of the I B.C. – I A.D.) torn by an atrocious suffering completely obscure to the observer. Not a disturbance transpires from the eyes or the movements of the body. An extremely contained pain, index of greatness and nobility of soul. In this imperturbability of the spirit and of the body, the true essence of Beauty, which allows itself to be admired, restoring peace and calm to whoever observes it, while in the depths the storm rages.
ITA
Ogni singolo elemento del corpo umano è ricondotto ad un modello universale di Bellezza: dai lineamenti della fronte e del naso (spesso protagonisti nelle riflessioni di Johann Joachim Winckelmann sul bello ideale) alle pieghe del corpo, che “una lieve curva fa nascere a guisa d’onda”. Nella mente riecheggia, come il verso di una poesia, il concetto di “nobile semplicità e quieta grandezza” del classico greco, coniato da Winckelmann, bibliotecario, storico dell’arte e archeologo tedesco. Il modello è quello del gruppo scultoreo del Laocoonte (copia marmorea del I a.C. – I d.C.) straziato da un’atroce sofferenza completamente oscura a chi lo osserva. Non un turbamento traspare dagli occhi o dalle movenze del corpo. Un dolore estremamente contenuto, indice di grandezza e nobiltà d’animo. In questa imperturbabilità dello spirito e del corpo, la vera essenza della Bellezza, che si lascia ammirare, restituendo pace e calma a chi la osserva, mentre nel profondo imperversa la tempesta.